Oggi partiamo con un video che potete vedere qui.
Ci siamo sentiti chiamati in causa. È simpatico, provocatorio e alquanto…vero.
Abbiamo riso sinceramente e, allo stesso tempo, ci siamo- giocoforza- interrogati sul nostro lavoro.
Siamo così? È così che appariamo agli occhi dei nostri clienti?
Dalle esperienze sul campo di questi anni, ci sembra di poter dire che la strada che percorriamo sia diversa.
Certo, non possiamo fare finta di non avere mai usato la parola “resilienza” ma probabilmente la prossima volta che capiterà ci penseremo molto bene. Il vocabolario è ricco di parole belle, significative e meno utilizzate
Ma questo video ha il merito di averci fatto ripensare anche al metodo Miror.
E vorremmo poterlo sintetizzare nelle parole che Guido Guidi, un importante fotografo contemporaneo, ha detto recentemente in un incontro per una sua mostra:
Ho insegnato soprattutto per imparare, non per fare il maestro
Tutte le volte che incontriamo un cliente, che ci mettiamo in gioco, non abbiamo una ricetta o la pretesa di avere la soluzione preconfezionata e non vorremmo distribuire mansionari di comportamento.
Ci interessa aprire delle porte, scoprire insieme e valorizzare le potenzialità. Ci interessa sostare intorno a domande aperte, senza aver la preoccupazione o la presunzione di offrire soluzioni immediate e sicuramente risolutive.
Senza questa apertura alla possibilità che l’incontro con le persone stravolga completamente quello che magari avevamo preparato, senza il desiderio di trovare insieme una rotta, senza la consapevolezza che formare è uno scambio e non l’imposizione di un metodo, non pensiamo si possa andare molto lontano. Si possono applicare degli schemi, si spiegano le regole, ma rimbalzeranno inutili o quasi nelle orecchie di chi ascolta.
Non vorremmo fornire una somma di competenze, piuttosto condurre verso consapevolezza delle possibilità in gioco. E allora forse anche la parola resilienza può trovare un suo posto se non segue solo la moda del momento ma coincide con un tentativo di dare nome alle cose.
Questo è il lavoro che vorremmo continuare a fare e che continuiamo ad imparare. E, qualche volta, prendendoci un po’ in giro!