Tutto succede un venerdì mattina al bar mentre mi accingo a prendere un caffè. Pensavo di prenderlo da solo e invece no, quella mattina mi aspettava al bar Massimo Gramellini con il suo “caffè”. Il titolo del suo articolo in rubrica di sicuro non passa inosservato per chi ha superato una certa età: “Felicità è tenersi per mano” (trovate qui il link).
L’articolo parla di CR7 (giocatore di calcio), di Hillman (psicanalista junghiano) e chiaramente di Albano Carrisi (cantante pugliese). Imperdibile ed io e non mi lascio sfuggire l’occasione.
L’articolo si muove su corde divertenti per poi atterrare su un’importante ricerca fatta dal Professor Waldinger.
“Il professor Waldinger lavora a Harvard ed è il quarto direttore di una ricerca unica al mondo, non fosse altro perché dura ininterrottamente dal 1938. Ottant’anni fa, il primo predecessore di Waldinger scelse 724 ragazzini di ogni ceto e classe sociale. E cominciò a tenerli d’occhio anno dopo anno, sottoponendoli a interviste, questionari, esami clinici e sedute psicologiche per scoprire che cosa li rendeva più o meno felici. 724 persone — ricche e povere, famose e anonime, cadute nella polvere o salite fino alle stelle — sono state analizzate per tutta la durata della loro vita. Altre celebri ricerche sulla felicità hanno chiesto agli anziani di ripercorrere il proprio passato, ma la memoria è selettiva e nostalgica, tende a imbellettare i ricordi e a rimuovere i traumi. Invece seguire un’esistenza in tempo reale garantisce risultati molto più oggettivi.”
A questo punto mi fiondo in ufficio per ascoltare il discorso sulla felicità del professo Robert Waldinger.
Dodici minuti di TED nei quali racconta i risultati di questa ricerca.
Questo l’incipit del suo intervento.
“Cosa ci mantiene in salute e felici lungo il corso della vita? Se adesso dovessi investire sul “te stesso del futuro” dove impiegheresti il tuo tempo e le tue energie?”
Sarebbe interessante che ognuno di noi facesse una piccola pausa nella lettura di questo articolo e annotasse la sua risposta su un foglio di carta.
Cosa si evince da questa ricerca? La risposta non ha a che fare con la ricchezza o la fama o lavorare sempre più sodo. Il messaggio più chiaro che emerge da questo studio, iniziato oramai 75 anni fa, è il seguente: “le buone relazioni ci mantengono felici e più sani. Punto”.
Tre grandi lezioni riguardanti le relazioni.
1) Le connessioni sociali fanno molto bene e la solitudine uccide.
2) Non è il numero di amici che si ha e nemmeno se si vive una relazione stabile o meno, ma è la qualità delle relazioni più strette che importa.
3) Le buone relazioni non proteggono solo il corpo ma anche il cervello.
“Alcune coppie possono bisticciare un giorno sì e un giorno no, ma finché sentono di poter davvero contare sull’altro quando le cose si fanno difficili quei litigi non scalfiscono per nulla i loro ricordi.”
“Perché è così difficile da ottenere?”, si interroga Waldinger.
“Perché siamo umani. E vorremmo risposte semplici e veloci. Mentre mantenere relazioni è caotico, complicato, richiede impegno, dura tutta la vita e non finisce mai.”
E perché è così facile ignorare questa evidenza nei contesti lavorativi, aggiungo io.
Ora che anche lo studio più lungo effettuato ad Harvard (con ben 4 Professori che si sono passati la staffetta) ci conferma una saggezza vecchia quanto il mondo, possiamo smetterla di parlare di efficienza senza prendere in considerazione la qualità delle relazioni?
L’uomo è un animale sociale, e io sto con Aristotele. Non c’è gusto in una visione individualistica, non c’è pienezza al di fuori della relazione con gli altri.
E noi su cosa stiamo investendo il nostro tempo e le nostre energie?