“Se esiste qualcosa di eterno, è evidente che vada cercato in mare”
Patrik Svensson
Vi vogliamo consigliare un podcast.
Di quelli che incantano perché raccontano di posti che solo pochi hanno la possibilità di vedere e che ha la magia di un libro di Jules Verne ma allo stesso tempo è profondamente reale. E non potrebbe esserci avverbio più azzeccato perché stiamo parlando di Abissi (Rai Play Sound, a cura di Francesca Buoninconti), un diario dai fondali dell’Oceano Pacifico.
Donato Giovannelli, microbiologo all’Università degli Studi di Napoli, ha avuto il permesso di portare con sé un microfono e registrare giorno per giorno la sua avventura sul sommergibile Alvin, proprietà della Marina Americana, con cui si è immerso a 2500 metri nel cuore dell’Oceano Pacifico, per studiare microorganismi che vivono laggiù, lungo la dorsale oceanica. Organismi che sono detti estremofili, per la loro capacità di vivere in ambienti estremi, oltre i limiti a cui la vita conosciuta può adattarsi. Temperature altissime o bassissime, salinità e ph per noi insopportabili, per questi organismi sono habitat piacevoli in cui vivere e riprodursi. Abbiamo cercato qualche immagine e ne abbiamo trovate di spettacolari, assomigliano a forme conosciute ma con qualcosa di alieno, alcune ci ricordano creature viste nei film di fantascienza, perché alla fine la natura sa sorprenderci molto più della nostra immaginazione.
Non vogliamo raccontare noi quello che il podcast nelle sue otto puntate fa molto bene.
Mentre lo ascoltavamo è stato spontaneo chiederci perché mai uno dovrebbe vincere la paura e i molti disagi (che nelle puntate vengono raccontati) per affrontare sfide di questo tipo. Andare nello spazio, scendere nel profondo dell’Oceano, sono esplorazioni estreme che comportano alta dose di rischio. Tutto deve essere perfetto e niente è lasciato al caso, qualsiasi imprevisto (una porta sulla nave che non si apre, un malessere fisico improvviso, un guasto) può far saltare tutto, oltre a mettere a repentaglio seriamente la vita di chi ci lavora. Eppure. Eppure, da secoli l’uomo affronta anche con una certa baldanza questa sfida.
“Perché rischiare la vita umana nell’esplorazione? – racconta Giovannelli- Esploriamo perché siamo curiosi, esploriamo perché c’è qualcosa da scoprire, qualcosa che possiamo imparare, esploriamo perché la specie umana ha sempre esplorato e si è sempre spinta oltre i confini di quello che era il conosciuto. Per molto tempo lo è stata la navigazione. Cristoforo Colombo diceva che il mare porterà agli uomini nuove speranze, come il sonno porta i sogni”
Ci vengono in mente le parole dette in un’intervista dallo scrittore svedese Patrik Svensson, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro L’Uomo con lo scandaglio.
“Perché gli umani continuano a sondare i fondali? Perché questa ossessione per gli abissi? In parte per ragioni legate alla navigazione, ma anche e soprattutto perché́ l’idea dell’ignoto è insopportabile (..)Lo stupore ha una funzione cognitiva. Il senso di meraviglia è spesso la forza trainante che si nasconde dietro la ricerca scientifica, forse possiamo dire che la scienza è persino dipendente dal mistero e dall’ignoto. La curiosità e il senso di meraviglia sono più di semplici passioni, credo. Fanno parte di ciò che significa esistenzialmente essere umani”.
Buon ascolto!
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