Cosa significa davvero svolgere il proprio lavoro con passione, curiosità ma anche con disponibilità verso gli altri?

Più che spiegarlo a parole, a volte è una storia a raccontarlo meglio. Come quella apparsa qualche giorno fa sul New York Times, riportata su Internazionale. Forse si potrebbe utilizzare quella parola serendipity che non trova proprio un corrispettivo in italiano, quando qualcosa che si scopre per caso innesca delle conseguenze inaspettate.

In una giornata d’estate del 2023, Armia Khalil, addetto alla sicurezza del Metropolitan Museum of Art di New York, nota un visitatore che sembra cercare qualcosa. “Posso aiutarla?”, gli chiede. L’uomo sta cercando il quadro “Fuga in Egitto”, un dipinto di Henry Ossawa Tanner. Khalil sa esattamente dov’è: lo richiede il suo ruolo ma è soprattutto la passione che ha coltivato fin da bambino per la cultura e l’arte del suo paese di origine che gli fa dedicare particolare attenzione alla sezione delle Gallerie egiziane, presenti nel Museo. Perché Khalil è cresciuto in un piccolo paese sulle rive del Nilo e ha iniziato fin da piccolo a modellare piccole statuine di argilla, fino poi, grazie all’aiuto di uno zio sacerdote che ha dato seguito al sogno del nipote, ad iscriversi ad una prestigiosa scuola d’arte e a diventare scultore.
Nel 2006 il trasferimento a New York e nel 2012 l’inizio del suo lavoro come custode al Met, senza mai abbandonare il suo amore per l’arte, nel frattempo approfondito con dedizione.

Quell’incontro, dunque, durato appena cinque minuti, cambierà la sua vita.

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L’uomo in cerca del quadro è infatti Akili Tommasino, curatore del Met, che sta preparando una mostra sull’influenza dell’antico Egitto nell’arte contemporanea. Scoperto per caso il talento di Khalil, chiacchierando con lui e dopo aver visionato il suo profilo Instagram, gli propone di esporre una sua opera. Khalil, che ha lasciato l’Egitto con un sogno e pochi dollari in tasca, inizia a scolpire. Lavora instancabilmente per sei mesi nel suo piccolo studio nel New Jersey, plasmando con cura il legno fino a dar vita a “Hope. I am a morning scarab”, un busto femminile con un delicato scarabeo sulla testa, simbolo egizio di speranza. A novembre 2024, la sua scultura trova posto nella mostra “Flight into Egypt”, accanto ai grandi nomi dell’arte nera contemporanea. A due gallerie di distanza da Van Gogh, Khalil osserva il suo lavoro ancora incredulo e felice.

In un breve video sulla pagina ufficiale del museo, il curatore sottolinea come -sì è vero- l’incontro sia stato casuale ma ci sono due insegnamenti che si possono cogliere: “Per i curatori la lezione è di essere aperti a conoscere le persone che lavorano nei differenti ruoli della loro istituzione perché può riservare delle sorprese, e per gli aspiranti artisti, l’insegnamento è quello di non aver paura di farsi avanti e mostrare il proprio lavoro!
Ma è necessario ricordare che c’è voluta anche la disponibilità e il modo amichevole di porsi di Armia affinché questa diventasse una vera occasione per entrambi!

Vi consigliamo di leggere la storia dettagliata qui e il breve video qui.