“È anche una bambina spiritosa, la speranza. Sa che l’umorismo, il sorriso sono lievito dell’esistenza e strumento per affrontare le difficoltà, perfino le croci, con resilienza”
Di Papa Francesco, tra le mille cose raccontate in questi giorni, a noi piace ricordare la costanza con cui in più di un’occasione, ha ricordato, in un mondo che sembra premiare chi prende tutto tremendamente sul serio, la capacità di ridere e di sorridere, soprattutto di sé stessi. Non un sarcasmo sterile, né battute fini a sé stesse, ma quel tipo di ironia che nasce da uno sguardo allenato a cogliere l’assurdo e le contraddizioni— in sé e negli altri — e che, proprio per questo, aiuta a vivere con più compassione la quotidianità e il rapporto con le persone con cui abbiamo a che fare.
Nel suo discorso ai comici il Papa ha letto quella preghiera di San Tommaso che ha continuato a recitare ogni giorno da più di quarant’anni: “Dammi, Signore, il senso dell’umorismo e fammi la grazia di capire gli scherzi” perché l’umorismo, diceva, è l’attitudine più vicina alla grazia di Dio e va esercitato.
Un ingrediente essenziale per stare al mondo con lucidità.
Una sorta di ribellione che permette di non soccombere di fronte a ciò che accade, ma di affrontarlo con uno spirito integro. Romain Gary sosteneva che “l’ironia è una dichiarazione di dignità, l’affermazione della superiorità dell’essere umano su quello che gli capita”.
Persino Leopardi, esploratore del tragico, coglieva nel riso una forza potentissima: “Chi ha coraggio di ridere è padrone del mondo, poco diversamente di chi è preparato a morire.” (Pensieri,LXXVIII)
Perché il riso, quando è vero, scardina. Rivela. Dissolve la nebbia che avvolge le ipocrisie. Smonta i meccanismi della propaganda. Non teme di far vedere che è il re nudo.
Anche Guareschi lo sapeva bene, e ricordava che l’umorismo, prima che arma sociale, è strumento di difesa personale. Serve per sorvegliare noi stessi, per addestrare lo sguardo a riconoscere la parte illogica delle cose. Chi riesce a ridere di sé ha più margine di libertà nel capire il cuore dell’uomo e riesce a guardare la realtà da prospettive diverse e non solo da quelle ovvie o convenzionali.
Vi lasciamo qui il testo intero della Preghiera del buonumore di San Tommaso Moro:
Signore, donami una buona digestione e anche qualcosa da digerire.
Donami la salute del corpo e il buon umore necessario per mantenerla.
Donami, Signore, un’anima semplice che sappia far tesoro di tutto ciò che è buono e non si spaventi alla vista del male ma piuttosto trovi sempre il modo di rimetter le cose a posto.
Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo ingombrante che si chiama “io”.
Dammi, Signore, il senso del buon umore. Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo per scoprire nella vita un po’ di gioia e farne parte anche agli altri.
Alla prossima news!
Foto in copertina © André Kertész