Ma io lavoro per non stare con te
Preferisco il rumore delle metro affollate
A quello del mare
Ma che mare Ma che mare
Meglio soli su una nave
Per non sentire il peso delle aspettative
Travolti nell’immensità del blu
Splash (Colapesce/Dimartino)
“Cosa posso fare di più di così? Studio, mi laureo, faccio un master, so le lingue eppure non mi sento mai all’altezza delle aspettative”. Lo domanda a Mario Calabresi una studentessa di medicina, alla fine di un convegno, dopo averlo aspettato un po’ in disparte all’uscita.
Un’asticella sempre più alta di risultati da raggiungere, il tempo che stringe e l’ansia come una compagna di vita.
Questa domanda, espressa così a bruciapelo tra le lacrime, racconta Calabresi, ha suscitato in lui un’urgenza nel tentare una risposta che lo ha spinto a mettersi in viaggio e soprattutto in ascolto, per raccontare quelle storie che ampliano gli orizzonti, facendo intravedere una possibilità. Nasce così, da questo incontro casuale, il suo ultimo libro “Il tempo del bosco”.
In un bell’incontro di presentazione del Centro Culturale di Milano, in una chiacchierata fatta sul palco con Alessandro D’Avenia che potete ascoltare qui, si è parlato di storie, del lavoro come destino, come vocazione e non solo come carriera, come risposta alle domande primarie con cui è necessario confrontarsi per diventare grandi: chi sono io davvero, cosa desidero, cosa mi fa felice. Dove la parola felicità viene sottolineata nella sua radice latina di qualcosa che dà frutto, che è generativa, come un’energia che cerca il suo compimento.
Il libro è dunque una sorta di percorso di guarigione dall’ansia che spesso ci attanaglia.
C’è la storia di un professore, che dopo quarant’anni di insegnamento viene salutato da tutti gli alunni della scuola lungo i corridoi con affettuosissimi applausi, e che alla domanda sul perché gli abbiano voluto così bene, racconta che per tutti quegli anni si è svegliato contento di andare a scuola: “Non lo raccontavo in giro perché non ci credeva nessuno. Ma la verità è che si può essere molto felici di insegnare”.
C’è il racconto di un’intervista a un uomo di 105 anni (ne abbiamo parlato anche noi qui) che invece cha abbattere gli alberi di una foresta come avrebbe dovuto fare, ha creato la riserva integrale di Sasso Fratino, una delle poche foreste vetuste europee dove “la biodiversità acustica è simile a quella del Medioevo e potrebbe suonare come ai tempi di Dante”. E che alla domanda sul perché non se la sia sentita di abbattere quegli alberi, racconta di uno stupore provato da bambino quando ha visto per la prima volta Venezia. Ha provato la stessa cosa davanti a quegli alberi maestosi, dice, e da allora, ha speso tutta la sua vita per custodire quel patrimonio.
Noi vi consigliamo l’ascolto di questa chiacchierata, ma anche la lettura del libro, per il respiro ampio che offre anche alle nostre giornate.
Immagine in copertina © Zheng Mengqiang, 2021