Tutti sperano, scrive il Papa nella Bolla di Indizione del Giubileo 2025. “Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé.”
La speranza è una trappola, una brutta parola, diceva il regista Mario Monicelli nell’ultima intervista rilasciata a Santoro, nella trasmissione Servizio Pubblico. “Mai avere speranza, è una cosa infame, inventata da chi comanda per farci stare buoni”.
Se davvero avesse ragione lui, come potremmo iniziare un nuovo anno? Come rimettersi al lavoro, progettare, rispondere ogni giorno a quello che ci accade? Avremmo anche solo la forza di alzarci al mattino e di tornare in ufficio?
Ci interroghiamo, come augurio sulla soglia dell’anno nuovo, lasciandoci davanti a un’immagine che ci fa pensare alla speranza: non come a una maledizione, secondo la definizione di Monicelli, ma come a una postura, uno slancio vitale che spinge a camminare.

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Tre uomini, vestiti con abiti persiani riccamente ornati, si stagliano su uno sfondo d’oro prezioso. Seguono una stella a cinque punte, alta e luminosa nel cielo notturno. Portano copricapi rossi e stringono tra le mani dei doni. Sono studiosi del firmamento, sapienti venuti dall’Oriente, attratti da un astro nuovo. Lo hanno osservato, studiato e indagato, fino a decidere di intraprendere un viaggio. Non sanno esattamente cosa li attenda, ma li guida una promessa, forse indefinita, e una speranza ardente. Si possono ammirare nel loro incedere sicuro e fiducioso, all’interno della splendida chiesa di Sant’Apollinare Nuovo, a Ravenna.

Guardandola, ritornano vive le parole di Leopardi nello Zibaldone che parla di scintilla e di gocce minime di speranza che non abbandonano mai l’uomo, nemmeno quando tutto va in rovina.
“E’ cosa forse o poco o nulla o non abbastanza osservata che la speranza è una passione, un modo di essere, così inerente e inseparabile dal sentimento della vita, cioè dalla vita propriamente detta, come il pensiero, e come l’amore di sé stesso, e il desiderio del proprio bene. Io vivo, dunque io spero, è un sillogismo giustissimo, eccetto quando la vita non si sente come nel sonno (…)”

Vi auguriamo un buon inizio e …rimaniamo desti!