Immaginiamo di camminare un giorno con la solita fretta per la strada, tra marciapiedi e asfalto usurati dal tempo o dall’incuria nelle nostre città. All’improvviso una macchia di colore nel grigio, un disegno di piastrelle, uno spicchio di bellezza. Ci fermiamo per guardare meglio, probabilmente prendiamo il cellulare e fotografiamo per fermare la sorpresa. I piedi un centimetro indietro per non calpestare quello strano pavimento bello e irregolare. Ci siamo imbattuti in un’opera dello street artist Ememem che ha disseminato la sua creatività in alcune città europee, da Lione a Torino a Genova.
Buche, imperfezioni, crepe riparate tramite la tecnica del Flacking, con ceramiche variopinte. Un po’ come nella nota pratica giapponese Kintsugi, nella quale i vasi rotti vengono riparati con oro e materiali preziosi, Ememem ha iniziato dalle buche che ogni giorno vedeva davanti al suo studio. E così i difetti o la cattiva manutenzione divengono opere d’arte del paesaggio urbano. La realtà diventa uno spunto per immaginare, e allo stesso tempo l’artista sembra dire che ciascuno di noi può fare qualcosa per affrontare i problemi che incontra sul suo cammino.
Einstein scriveva che la creatività nasce dalla crisi come il giorno nasce dalla notte oscura.
In questi giorni di chiusura i musei, profondamente colpiti dagli effetti delle chiusure insieme a molte altre categorie legate al mondo cultura/turismo, stanno progettando e offrendo finestre aperte sul loro mondo, cercando modi di comunicare sempre più creativi, per non perdere la possibilità di narrare e di raccontarsi al proprio pubblico. Si parla di transmedialità ovvero di una comunicazione che usando le diverse tecnologie aggiunge significato alla narrazione. Basta fare un giro tra i siti di musei noti e meno noti per incappare in tante iniziative: c’è chi organizza visite virtuali, chi offre corsi sull’arte via zoom, chi presenta libri a tema, chi pubblica ad alta definizione le immagini delle collezioni cosi che un appassionato possa studiarne i dettagli. Ma tra le varie iniziative, una in particolare ci sollecita: palazzo Magnani, e poi anche il Mambo di Bologna, hanno fatto qualcosa di diverso e forse un po’ poetico. In omaggio alle Favole al telefono di Gianni Rodari (quando era lontano dalla figlia le telefonava per raccontare ogni sera una storia), hanno invitato il pubblico a telefonare, in un orario stabilito, scegliendo un’opera di quelle esposte. Gli esperti del museo racconteranno la storia dell’opera, le curiosità, risponderanno ai quesiti, in un dialogo che si nutre sì della loro conoscenza ma anche delle domande poste da chi chiama. Un piccolo scambio reciproco, un’esperienza viva, concreta, che sembra tornare indietro se vogliamo rispetto alla tecnologia innovativa, ma che offre un contatto umano e diretto. Una goccia in un mare, rispetto alle difficoltà, un po’ come le piastrelle di Ememem che non riusciranno a colmare tutte le buche cittadine ma il meglio che ciascuno può fare rende il mondo un posto più bello.