Quante volte ci accorgiamo che i problemi nella relazione con le persone spesso nascono da fraintendimenti, comunicazione approssimativa e da poca chiarezza? Alle volte pensiamo di esserci spiegati eppure incontriamo perplessità e il dialogo diventa difficile.
In Madame Bovary Flaubert, in poche righe magistrali, scrive:
“perché nessuno mai riesce a dare l’esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre, della necessità che lo incalza e la parola umana è come una pentola rotta su cui andiamo battendo melodie da far ballare gli orsi mentre vorremmo intenerire le stelle.”
Quando si parla di linguaggio immediatamente si pensa a quello tradizionale come strumento efficace, tralasciando l’importanza di tutto quello che fa parte di un linguaggio non verbale, come il tono di voce, o la posizione del corpo, le espressioni del volto e (soprattutto in Italia) del gesto.
Lo psicologo statunitense Albert Mehrabian ha osservato che in una normale comunicazione, la ricezione del messaggio (efficacia comunicativa) è data solo per il 7% dalle parole, per il 38% dai toni di voce e per il 55% dal Linguaggio non verbale.
Ne deve essere stato convinto anche Bruno Munari che negli anni ‘60 ha raccolto, fotografandoli, cinquanta gesti di uso nazionale e integrati da altri paesi e che possono essere considerati un supplemento al dizionario italiano.
Una mostra alla Libreria Ex-temporanea 121+ di Milano espone questa eccentrica raccolta di fotografie, accompagnate da didascalie esplicative.
Ne abbiamo riconosciuti la maggior parte e questo ci conferma quanto, infondo, il linguaggio dei segni pur con qualche variazione, rimanga una certezza che si tramanda!
Qui sotto alcuni di essi: Che vuoi?
le estremità delle cinque dita si riuniscono rapidamente e formano un cono col vertice in alto. La mano può restare ferma o essere scossa più o meno velocemente, secondo che la domanda sia fatta con gentilezza o con impazienza. Molto usato a Napoli.
Che peso!
La mano batte lentamente e ritmicamente sul petto e dà l’immagine di qualcosa che sta sullo stomaco. Il gesto indica noia, stanchezza per qualcosa che si sopporta a fatica.
Ti prego
Gesto supplichevole di chi vuole ottenere qualcosa che non può ottenere altrimenti.
Dall’anno in cui è uscito questo supplemento (era il 1963), molti gesti nuovi si potrebbero aggiungere (batti il cinque, il cuore, le virgolette, quanti ve ne vengono in mente?) segno che la comunicazione è qualcosa di vivo, ha a che fare con le sfumature, con il momento storico e che non è fatta solo di parole ma anzi è arricchita dal gesto con il suo prezioso alfabeto. Non dovremmo aver paura ad usarla nella sua complessità.
Se volete visitarla, la mostra è aperta fino al 30 maggio in via Savona 17/5, libreria Ex-temporanea.
Fateci un giro!