Sono campione nazionale
Di scorrimento verticale
E in un secondo arrivo al mare
Ma in un cristallo liquido
Non ci si può tuffare
Nel nuovo disco di Samuele Bersani una canzone descrive lo spazio mentale soffocante di chi si trova troppo tempo a scorrere col dito su uno schermo di un cellulare….da quanto tempo non mi vedi con il collo dritto?
In un documentario che sta avendo parecchio riscontro su Netflix, The Social Dilemma, si mette a fuoco la dipendenza da social e tecnologia, attraverso numerose interviste a professionisti che da quel contesto arrivano. L’inventore di… il creatore di …Tutti attualmente usciti dalla Silicon Valley e ora molto critici sull’idea di fondo intrinseca in quel mondo. Siamo tutti governati da algoritmi, senza alcun controllo con pericolose derive verso il cyberbullismo, la depressione e l’assuefazione alle fakenews. Il discorso al proposito è complesso, e il documentario dopo un’ora e più di rivelazioni abbastanza catastrofiche, lancia un messaggio di apertura: questa situazione si può cambiare, può essere regolata da leggi apposite, da organismi che abbiano un approccio etico per non lasciarci in balia di pubblicità e profitto.
Lasciando perdere il fatto che ci lascia un po’ perplessi l’idea di un documentario di denuncia che poi si serve esattamente degli stessi meccanismi per farsi pubblicità (nelle ultime settimane ci è apparso in modo quasi invasivo su qualsiasi ricerca stessimo facendo tramite web) sicuramente le criticità rilevate sono importanti e fanno parte del lato oscuro della rete.
Ma ci sembra uno sforzo quanto meno titanico fare quello che ci suggerisce uno degli intervistati, Jaron Lanier e cioè staccarsi da tutto, eliminare tutto e togliersi da qualsiasi profilazione in rete.
Preferiamo spostare lo sguardo. E per farlo vi raccontiamo una grande storia tratta da un libro per l’infanzia (ma a guardarci bene dentro…non è solo per bambini).
Un grande giorno di niente: un ragazzino di 10 anni per l’ennesima volta nella stessa casa di vacanza, con la mamma che lavora al pc, mortalmente annoiato, uccide marziani nel suo ripetitivo gioco sul cellulare. La madre lo rimprovera e per ripicca il ragazzino esce sotto la pioggia con il suo cellulare.
Il bambino avanza, scende, inciampa… si dirige verso un laghetto: «affioravano sassi tondi come le teste dei miei marziani». Proprio saltando da una testa di marziano all’altra il videogioco del protagonista cade in acqua. «No! No! No! Tragedia delle tragedie! Il peggio che poteva capitarmi! Che scemo!». È un attimo, eppure TUTTO, nell’irruente giovinezza, sembra perduto. Ma proprio mentre la frustrazione quasi consuma il bambino, la mano appoggiata a terra lo fa sussultare: c’è un mondo qui intorno! «In quel momento, in mezzo al temporale, mi sono apparse! Lumache giganti sotto la pioggia». E poi funghi e la terra che brilla: «ci ho affondato le mani. Allora ho sentito grani, granelli, grumi, radici e bacche brulicare sotto le dita. Un mondo sotterraneo pieno di micro-cose sconosciute… potevo toccarlo». Potevo toccarlo! Ecco allora che il tatto riattiva l’idea che il mondo sia vero, vivo… tuo. «Ogni cosa era come nuova». La storia è raccontata in prima persona, un’importante scelta d’intimità che il personaggio condivide con il lettore. È una storia ricca e paradigmatica eppure così semplicemente naturale. Giocare la propria libertà e vivere, vivere intensamente, illumina e rende speciale tutto, perché ogni cosa è gratuitamente ricevuta, ogni cosa è fatta per te.
E allora ha ragione Samuele Bersani, arriveremo anche in un secondo al mare attraverso un click ma in un cristallo liquido non ci possiamo tuffare.
La realtà vince sempre!