Sagittario A*, finalmente abbiamo la sua foto: frutto della collaborazione di otto osservatori radioastronomici sparsi in tutto il mondo che creando un unico telescopio virtuale hanno potuto raccogliere dati per ore e ore di seguito, in modo da fornire una visione di quel buco nero al centro della Via Lattea e a 27.000 anni luce dalla Terra.
Chi vuole addomesticare quest’immagine misteriosa ironizza… sembra una ciambella, un tortellino, un tarallo. Un tentativo inconscio forse di non farsi spaventare da una regione dello spazio-tempo con un campo gravitazionale così intenso che nulla può sfuggire al suo esterno, nemmeno la luce.
Lo sapevamo già della sua esistenza, ma nessuna prova così tangibile. Oggi gli scienziati hanno sottomano quella fotografia che dimostra quanto Einstein avesse visto e capito tutto. Una conferma della teoria della relatività generale che è una scoperta senza precedenti “perché permette molte misure originali sulla gravità e di fare nuova scienza sui buchi neri supermassicci e sul loro ruolo nell’evoluzione dell’Universo: abbiamo aperto le porte di un nuovo straordinario laboratorio”.
Così spiega Mariafelicia De Laurentis, dell’Università Federico II di Napoli.
Di una sua intervista più che gli aspetti scientifici, ci hanno colpito due cose. A domande un po’ più personali sul suo lavoro, sulla motivazione e sulla passione che la anima, risponde:
“Il mio obiettivo? Entrare nella mente di Dio, capire la sua creazione. (……) C’è una frase di Martin Luther King, nel libro La forza di amare, che mi accompagna nella vita e sulla quale si fonda la mia filosofia: Se non potete essere il sole, siate una stella; non con la mole vincete o fallite – Siate il meglio di qualunque cosa siate”
Ci viene in mente Alberto Giacometti, un’artista le cui opere attualmente raggiungono cifre inestimabili, che ha lavorato tutta la vita su una cosa in particolare: la ricerca dello sguardo delle persone che ritraeva. Ci ha lavorato così tanto, con così tanta assiduità e passione e alle volte rabbia e insoddisfazione che famosi sono gli aneddoti al riguardo, soprattutto per due dei suoi modelli, un americano e un giapponese che per giorni e giorni e poi mesi, hanno posato per lui. Giacometti disegnava, cancellava, rifaceva, quando sembrava ormai vicino ad un risultato annullava tutto e la mattina dopo ricominciava da capo. Ore di sedute immobili di giorno e di sera, viaggi di ritorno posticipati (ne hanno fatto un film e un libro). Cosa andava cercando l’artista? Voleva andare oltre la superficie delle cose. Puntava lo sguardo sull’ignoto, andando a indagare lo sguardo della persona che aveva davanti. Una tensione continua nell’andare oltre per cercare l’inafferrabile. In una delle lunghe sedute di posa ha detto al suo modello Isaku Yanaihara: “anche le sculture egizie impallidiscono di fronte alla bellezza del volto che mi sta di fronte. Dipingerlo è per me come addentrarmi in un mondo sconosciuto all’uomo e rappresenta un’avventura molto più pericolosa, molto più affascinante dell’andare a vedere le piramidi, non sei d’accordo? Proprio così, stiamo tentando di violare l’inesplorato, ci siamo imbarcati nella più grande avventura dell’umanità.” (da I miei giorni con Giacometti, Isaku Yanaihara, Giometti e Antonello, 2021).
Ci stupisce sempre accorgerci che campi apparentemente tanto differenti anche nelle loro ricadute pratiche, che storie così diverse possano in qualche modo toccarsi, correre nella stessa direzione, essere mosse dalla medesima passione per l’insondabile e il mistero.
E allora condividiamo l’invito che ci lancia l’astrofisica De Laurentis in chiusura nella sua intervista: “Cercate ardentemente di capire a cosa siete chiamati e poi mettetevi a farlo appassionatamente”.