Alle volte i titoli passano inosservati, e non ci si fa troppo caso. A meno che, visitando una mostra, non nasca il desiderio di capire meglio. È successo così con Realismo Infinito di Giovanni Chiaramonte, allestita al Museo Diocesano di Milano ancora per qualche giorno.
Quaranta fotografie scelte tra i cento scatti che documentano il pellegrinaggio ventennale del fotografo tra Italia, Europa e Americhe, raccolte nel bel catalogo pubblicato da Electaphoto.
“Con questa mostra – raccontava Chiaramonte – si è compiuta, in un certo senso, la mia vita: una vita dedicata a fotografare il mondo e i gesti dell’uomo affinché, attraverso le mie immagini, gli uomini potessero amare di più se stessi, gli altri e il mondo stesso. È questo che mi ha condotto dalla tomba di mia madre a Venezia, Roma, Milano, la Sicilia, la Grecia, Istanbul, Lisbona e in tutti gli altri posti”.
Le sue immagini ritraggono luoghi che, a uno sguardo frettoloso, potrebbero sembrare insignificanti: dettagli di ombre, muri scrostati, paesaggi nebbiosi sotto ponti autostradali, vedute indistinte di panorami urbani in cui il “bello” canonico che i nostri occhi cercano, non appare. Eppure, c’è qualcosa che cattura. Qualcosa che evoca una nostalgia senza nome ma che è altrettanto reale, concreta come una crepa in un muro: una linea dell’orizzonte sull’infinito che lega tutti gli scatti dove la presenza delle persone, quasi sempre colte di sfuggita, di schiena o comunque minute di fronte alla vastità del mare o dell’orizzonte diventa una presenza indispensabile e mette in risalto la sproporzione tra cielo e terra, tra finito e infinito.
Che siano una coppia tra le guglie del Duomo, due giovani in abiti militari su un muro di Gerusalemme, o famiglie intente a guardare il mare, le radici sono saldamente ancorate alla terra, mentre gli occhi puntano lontano, ci portano oltre. Le stesse inquadrature, spesso caratterizzate dalla massima profondità di campo e da un tempo lento di esposizione, avvolgono le fotografie in una luce calda che regala qualcosa di eterno.
© Giovanni Chiaramonte
Camminando nel lungo corridoio, tra le immagini disposte sulle pareti, ci sembra di partecipare a quel banchetto del mondo che tanto tormentava il protagonista dell’Idiota di Dostoevskij. Il principe Myskin di fronte alla bellezza del creato, si sentiva sopraffatto e allo stesso tempo escluso, come se non ci fosse posto per lui:
“Un giorno andò a fare una passeggiata in montagna, era una splendida giornata di sole e lui camminò a lungo, rimuginando su un pensiero che lo tormentava ma che non riusciva a prendere forma. Davanti a lui si stendeva il cielo luminoso, in basso il lago, intorno l’orizzonte raggiante e infinito. Rimase a lungo in contemplazione e intanto soffriva. Adesso ricordava come avesse proteso le braccia piangendo verso l’azzurro luminoso e sconfinato. Lo tormentava il fatto che egli era estraneo a tutto quello che lo circondava. Che cosa era quel banchetto? Che cosa era quella grandiosa festa senza fine, dalla quale si era sentito attratto fin dall’infanzia e alla quale non aveva potuto prendere parte? Ogni mattina sorge lo stesso sole luminoso. Ogni mattina si inarca l’arcobaleno della cascata; ogni sera, la montagna innevata, la più alta laggiù sul limitare del cielo arde di una fiamma purpurea; ogni minuscolo moscerino che gli ronza intorno nel caldo raggio di sole partecipa a questo coro, conosce il suo posto, lo ama ed è felice; ogni filo d’erba cresce ed è felice! Ad ogni essere la propria strada, nota e familiare, che percorre cantando. Solo lui non sa nulla, non comprende nulla, né gli uomini, né i suoni, solo lui è estraneo, escluso rispetto al mondo”
Anche noi alle volte non capiamo nulla, non sappiamo nulla eppure siamo chiamati a partecipare a “questa grandiosa festa senza fine”. Le fotografie di Chiaramonte sono lì a testimoniare che si può fare. Che contemplando la vastità del mare o del cielo possiamo ritrovarci nella nostra giusta misura, piccoli ma cercando i segni di un orizzonte infinito.
La mostra è visitabile al Museo Diocesano di Milano fino al 9 febbraio.