Emilia Nowak: Per finire – cosa consiglierebbe ai giovani scrittori che stanno iniziando il loro percorso letterario? Il Nobel è qualcosa a cui dovrebbero aspirare?
Wisława Szymborska: Il Nobel? Emilia, se posso dare un consiglio, è di non scrivere per il Nobel. Scrivere dovrebbe essere un divertimento, un piacere – come giocare con le parole che noi stessi creiamo. Il Nobel è un bel complemento, ma non un obiettivo in sé. La vera gioia viene dallo scrivere per il gusto di scrivere – per esprimere ciò che abbiamo dentro, per raccontare qualcosa di importante, qualcosa che non ci lascia dormire. E se posso dare un altro consiglio, è: non prendetevi troppo sul serio! In fondo, la letteratura è fatta da persone, e le persone sono piene di difetti, paradossi e contraddizioni. Con un po’ di distacco si vive più leggermente e scrivere diventa più piacevole. Chissà, magari il Nobel arriverà da solo!
Avete letto domanda e risposta? Notate qualcosa di strano?
È lo stralcio da un’intervista sul sito di una radio di Cracovia, andata in onda il mese scorso, alla famosa poetessa polacca, vincitrice del Premio Nobel nel 1996. La domanda di Emilia è formulata correttamente, la risposta della Szymborska è credibile e sensata: peccato che questo dialogo sia avvenuto tra due IA, che la poetessa sia morta da più di dieci anni e che la conduttrice sia un prodotto artificiale.
Di questa vicenda se ne è parlato dettagliatamente su alcuni giornali come il Post e il Manifesto.
Una veloce sintesi: Off Radio Krakow, emittente radiofonica pubblica, ha da anni un calo di ascolti. Marcin Pulit, caporedattore, decide di arruolare tre conduttori IA, Emi, Kuba e Alex per testare la curiosità del pubblico e vedere cosa succede. Sono «un esperimento» dice ed è “il nostro contributo al dibattito sui vantaggi e sui rischi posti dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale”. La radio ottiene effettivamente uno share più alto. Soprattutto con questa intervista ad una poetessa in Polonia molto amata. La cosa è stata possibile anche perché chi detiene i diritti d’autore ha prestato e concesso del materiale dall’archivio, affermando che la Szymborska ha sempre avuto senso dell’umorismo (vero!) e che lei stessa si sarebbe probabilmente divertita all’idea.
Il dibattito si è acceso, tra detrattori e sostenitori di un progetto che alla fine, viste le eccessive polemiche suscitate, ha chiuso i battenti.
Noi abbiamo provato a leggere l’intervista (grazie alla traduzione dal polacco di Chatgpt!)
Le domande che sorgono sono tante. Se non sapessimo che Wislawa in realtà non c’è più, e se non fosse dichiarato fin dall’inizio che è tutto frutto di IA, che impressione ci avrebbe fatto? Avremmo notato qualcosa di strano? Probabilmente no. E questo sicuramente un po’ è inquietante. Perché lentamente si insinua sempre più spesso il dubbio che immagini, parole, fatti possano essere mistificati con tale facilità da minare le nostre certezze. Davanti a ciò che non sappiamo o non conosciamo direttamente, ci sembra che sempre di più sia urgente e necessaria una capacità critica, curiosa, attenta nel cogliere la realtà delle cose. Una necessità di non rimanere in superficie, ma di provare a navigare in acque profonde, almeno per quello che ci interessa e ci sta a cuore.
L’intervista è verosimile. Un po’ piatta, senza guizzi e con un linguaggio anonimo che non disturba nessuno e che non lascia però alcun segno in chi la legge. Ecco, anche qui sta il punto. Wislawa Szymborska era un vero personaggio. Una donna libera, fuori dagli schemi con un grande dose di ironia e autoironia. Spesso anche spiazzante nelle risposte ai giornalisti, perché non amava affatto parlare di sé:
“Confidarsi in pubblico è come perdere l’anima”
“Quando sono nata non ho firmato nessun contratto che facesse riferimento al rilasciare interviste”
“Ho fatto un’intervista nel 1975 e da allora non ho niente da dire”
“E’ una buona domanda, ma devo pensare a una risposta”
“Non rispondo adesso, ripassi in autunno!”
Quell’intervista alla radio allora può essere un gioco, un esperimento (per noi neanche molto riuscito), ma ci rimane la sensazione della pungente mancanza di quel fattore umano di cui abbiamo profondamente bisogno per appassionarci a delle parole. Non ci ha aggiunto niente di nuovo, non ci ha sorpreso, non ci ha coinvolti. Semmai ci è venuta voglia di tornare a leggere le sue poesie, per sentirla davvero parlare.
Ti ringrazio, cuore mio:
non ciondoli, ti dai da fare
senza lusinghe, senza premio,
per innata diligenza.
Hai settanta meriti al minuto.
Ogni tua sistole
è come spingere una barca
in mare aperto
per un viaggio intorno al mondo.
Ti ringrazio, cuore mio:
volta per volta
mi estrai dal tutto,
separata anche nel sonno.
Badi che sognando non trapassi in quel volo,
nel volo
per cui non occorrono le ali.
Ti ringrazio, cuore mio:
mi sono svegliata di nuovo
e benché sia domenica,
giorno di riposo,
sotto le costole
continua il solito viavai prefestivo.
(Al mio cuore, di domenica di Wisława Szymborska)